il gigante antagonista del cashmere



Può un animale di origini preistoriche diventare alfiere della moda etica? Se si tratta dello Yak, un gigante in grado di raggiungere i due metri di altezza al garrese e la tonnellata di peso, avvezzo a trasportare cose e persone sulle alture del Tibet e della Mongolia, la risposta è sì.

Dalla pettinatura della sua pelliccia, infatti, si può ricavare un filato estremamente morbido, resistente e in grado di trattenere molto bene il calore. Non solo: lo yak, a differenza della più blasonata capra da cashmere, non contribuisce alla desertificazione della Mongolia e del Gobi. Quest’ultima, oggetto di uno sfruttamento senza pari, capace di drogare il mercato dell’abbigliamento (l’anno scorso sono stati abbattuti migliaia di capi per far alzare il loro prezzo), sarebbe tra le cause delle violente tempeste di sabbia arrivate fino a Pechino. Colpa dei suoi zoccoli  e della sua voracità che fa piazza pulita persino di rovi e arbusti.

“Abbiamo cominciato a interessarci allo yak dopo un viaggio in Mongolia” dice Silvia Giora di Kyo cashmere, piccola azienda di maglieria ecosostenibile con base in Veneto, che sta collaborando con alcuni allevamenti  per portarli a lavorare un filato che sia biologico al 100 per cento: “Vogliamo che ottengano la certificazione: è una questione più burocratica che pratica, visto che gli animali sono già allevati in maniera libera e lontana da fonti di inquinamento”. A questo scopo, in collaborazione con Icea, istituto per la certificazione etica e ambientale, Kyo cashmere ha formato due giovani fratelli mongoli: “Ora, tornati nel loro Paese, cercano di sensibilizzare i produttori, che per il momento lavorano per il mercato interno e per la Russia”.

Le pellicce degli yak, che vivono fino a 6mila metri di altezza, hanno tre tonalità prevalenti: il roccia, a metà tra il grigio e il beige, il nocciola e il cioccolato, un marrone intenso. colori originali che Kyo cashmere ha mantenuto nella produzione di maglieria per uomo e donna, senza ricorrere a sbiancanti (catalogo su www.kyocashmere.it). “Per l’anno prossimo vogliamo acquistare 500 kg di filato – aggiunge una delle socie, Vania Silvestri – : una goccia nell’oceano per il mercato italiano, ma che conosce già dei fedelissimi”.

A cura di Andrea Rottini

Terre di mezzo Street Magazine – dicembre 2011


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